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Leggende

Leggende

Una tradizione, in parte scritta ed in parte tramandata dalla memoria dei vecchi, dice che nel castello, che sorgeva dove ora c’è la Torre, il  cunt Carüc  commettesse violenze  e delitti di ogni genere e che vi fossero trabocchetti e cunicoli sotterranei, tuttora esistenti.
Narra inoltre la tradizione che il cunt Carüc insidiasse le ragazze del paese e che una di queste, avvertita del suo sopraggiungere, nella fretta di chiudersi in una cassapanca, si tranciò un dito.
Si racconta infine che la popolazione, stanca delle prepotenze di questo conte, affidasse ad un barbiere l’incarico di ucciderlo, mentre gli radeva la barba.

L’origine della devozione dei Carughesi per la Madonna di San Zeno e per la sua chiesa si perde nella notte dei tempi, tuttavia la leggenda, da tempo immemorabile, fa parte della tradizione orale del nostro paese, perché racconta la predilezione dimostrata dalla Madonna di San Zeno verso di noi.
Si narra infatti che in un tempo lontano nacque una discordia tra gli abitanti di Carugo e di Giussano, secondo alcuni per il possesso della statua, che la raffigurava, secondo altri per il possesso della chiesetta a lei dedicata, posta al confine tra i due paesi.
Non riuscendo a risolvere la contesa, si racconta che i fedeli decisero di affidarsi al “giudizio di Dio”, o meglio della Madonna stessa, che doveva mandare dal cielo un segno inconfutabile, scegliendo a quale delle due comunità volesse appartenere. Infatti, posta la statua sopra un albero, in posizione neutrale, di sera, sotto il rigido controllo di entrambe la fazioni, il mattino seguente essa fu ritrovata rivolta verso Carugo, che ne ebbe così il possesso perpetuo.
Anche se un’altra versione sostituisce alla statua la visione stessa della Vergine, nulla si toglie alla sostanza della leggenda, che vuole giustificare la devozione popolare dei Carughesi, tramandata nei secoli.

Un’antica leggenda vuole spiegare le origini della Roggia Borromeo.
Si narra che, in un’afosa giornata estiva, un cavaliere vestito di rosso, su un cavallo bianco, si trovava a passare nei boschi di querce del nostro paese.
Non trovava acqua per dissetare se stesso ed il suo cavallo. L’animale ad un tratto scavò con lo zoccolo in un punto del prato e da lì scaturì acqua fresca e pulita.
Quel cavaliere era l’arcivescovo Borromeo di Milano, venuto in visita pastorale nelle parrocchie della nostra zona.
Il racconto vuole testimoniare la stima dei Carughesi per l’Arcivescovo, che ha saputo lottare con coraggio e fermezza contro la decadenza e la corruzione della Chiesa e che non ha mai dimenticato le periferie della sua grande diocesi, come dimostrano le frequenti visite pastorali nelle parrocchie rurali come la nostra.
Poiché nella società contadina l’acqua rivestiva un’importanza fondamentale per l’uomo, gli animali, la terra ed il lavoro, era diffusa  l’usanza di andare in viaggio di nozze proprio alla “Fontana del Guerc” o ai fontanili vicini, perché il luogo, suggestivo e ricco di sorgenti, appariva beneaugurante per la novella sposa.