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Bachicoltura

Bachicoltura

Per più di due secoli in Brianza la bachicoltura ha avuto grande importanza nell’economia e nella vita quotidiana per i contadini, ed in particolare per le donne.
Queste, infatti, oltre ad occuparsi dell’allevamento dei bachi, lavoravano i bozzoli anche come filatrici nelle filande. Qui i bozzoli raccolti venivano immersi in acqua calda per far morire la crisalide ed ottenere il filato integro di seta .
L’allevamento del baco da seta ,concentrato in poche settimane tra maggio e giugno, garantiva ai contadini un’ importantissima entrata di contanti dopo le ristrettezze della stagione invernale, a condizione che non intervenissero malattie del baco o del gelso, le cui foglie erano l’unico nutrimento per l’insetto. Ciò spiega perché, a metà dell’Ottocento, le colline e l’alta pianura videro un enorme diffusione della coltura del gelso.


Dalla seconda metà dell’Ottocento la produzione subì varie flessioni anche per la concorrenza straniera, fino allo smantellamento massiccio delle filande dopo il 1930 e alla loro chiusura negli anni ’50.
In Carugo, secondo i dati del censimento del 1937 ben 51 famiglie allevavano i bachi da seta e vendevano i bozzoli alla vicina filanda di Arosio.
Nelle case coloniche i locali impiegati per la bachicoltura erano in primo luogo la cucina, ma anche altre stanze dotate di camino: il calore ideale per l’allevamento era di circa 23 gradi. Qui si montavano le tavole a graticcio fatte di canne, su cui si alimentavano i bachi con le foglie di gelso.
Nella speranza di avere un buon raccolto di bozzoli, talora si seguivano consigli tecnici, più spesso si pregavano la Madonna e il beato Giobbe, che nei dipinti popolari si vedeva pieno di piaghe, da cui uscivano i vermi/bachi.